Il 2020 è stato un anno nero dal punto di vista sanitario ed economico. Il lockdown generalizzato della scorsa primavera, imposto dal governo italiano per arginare la diffusione del Covid-19 ha portato una grave crisi economica: imprese in ginocchio, aumento della disoccupazione e uno stato di precarietà generale. Dopo la prima ondata della pandemia c’è stato un forte contraccolpo anche per la situazione reddituale di molte famiglie: nuovi poveri hanno fatto capolino all’orizzonte includendo nella categoria persone che in precedenza non avevano mai necessitato di assistenza economica o alimentare.
Povertà in Italia nel 2020, cosa è cambiato: il rapporto Caritas
Lo scorso 17 ottobre, in occasione della giornata mondiale di contrasto alla povertà, la Caritas ha pubblicato una sintesi su povertà ed inclusione sociale in Italia attraverso la quale ha cercato di fare una panoramica relativa agli effetti economici e sociali della crisi sanitaria legata al coronavirus. Dal report è emersa una sostanziale differenza per quanto riguarda la tipologia degli assistiti dalle Caritas diocesane tra il 2019 e il 2020.
Nell’italia pre-Covid i poveri assoluti rappresentavano circa il 7,7% della popolazione (4,5 milioni).
Tra le categorie più vulnerabili le famiglie del Mezzogiorno, le famiglie numerose con 5 o più componenti (20,2%), le famiglie con figli minori, i nuclei di stranieri (24,4%) e le persone meno istruite. Criticità anche per gli under 34 (8,95%) come anche per le persone in cerca di un occupazione (19,7%). Tuttavia anche chi un lavoro lo possiede, ma sottopagato o a bassa intensità, fa parte delle categorie vulnerabili: tra le famiglie di operai in particolare l’incidenza della povertà lo scorso anno si è attestata intorno al 10, 2%.
Chi sono i nuovi poveri del 2020: i dati mutano con l’inizio della pandemia. Tra marzo e maggio 2020 la rete Caritas ha registrato un forte incremento di 12,7% persone sostenute a livello diocesano e parrocchiale rispetto al 2019. Complessivamente si parla di circa 450mila persone. L’incremento di problemi di povertà è da collegarsi soprattutto alla perdita o sospensione temporanea del lavoro causata dalla pandemia con conseguenti difficoltà, quindi, per le famiglie italiane, connesse al pagamento dell’affitto o mutuo della propria abitazione. Accanto a tali ambiti di bisogno compaiono poi fenomeni nuovi, come ad esempio le difficoltà di alcune famiglie rispetto alla didattica a distanza, manifestate nell’impossibilità di poter accedere alla strumentazione adeguata (tablet, pc, connessioni wi-fi).
Negli scorsi anni, i dati raccolti documentavano inoltre una povertà multidimensionale, legata a vissuti complessi. Nel 2020 essi evidenziano, invece, come i nuovi poveri legati al Covid rappresentino quasi la metà degli assistiti.
Rispetto ai profili socio-anagrafici, i dati dei centri Caritas testimoniano un incremento dell’incidenza delle donne, più fragili e svantaggiate sul piano occupazionale e spesso portavoci dei bisogni dell’intero nucleo familiare. Cresce, inoltre, l’incidenza dei giovani tra i 18 e i 34 anni, anch’essi molto deboli sul fronte occupazionale. Si registra poi un innalzamento della quota di coniugati, delle famiglie con figli e delle famiglie con minori. Di contro, diminuisce il peso della grave marginalità, e quindi della percentuale di persone senza dimora, di stranieri e delle persone sole.
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Povertà in Italia: il rapporto Censis
Non molto diversi sono i dati raccolti dal Censis. Il Centro Studi di Investimento Sociali, lo scorso 4 dicembre ha infatti pubblicato il 54esimo rapporto sulla situazione sociale del paese. Dal documento emerge che la pandemia ha lasciato una profonda crisi economica e occupazionale di cui, però, non tutti pagheranno le spese allo stesso modo.
Da marzo a settembre 2020 ci sono stati 582.485 individui in più che vivono nelle famiglie che percepiscono un sussidio di cittadinanza, in crescita del 22,8% nei mesi considerati. I dati sul Reddito di cittadinanza evidenziano anche come siano stati i più deboli a pagare maggiormente i costi economici della crisi: infatti, i cittadini stranieri, pur avendo difficoltà ad attingere a una forma di aiuto che per lo straniero richiedente prevede una residenza in Italia di almeno dieci anni, nel periodo marzo-settembre 2020, sono aumentati del 42,7%.
Il Covid ha inoltre spaccato in due la società: da una parte i dipendenti pubblici insieme ai percettori di pensione con maggiori garanzie di tutela al reddito, e dall’altra tutti i lavoratori precari e senza posto fisso.
In particolare, tra i più vulnerabili rientrano i lavoratori del settore privato a tempo determinato e i possessori di partita Iva. Tra coloro che si sono impoveriti di più vi sono i commercianti, gli artigiani e tutti i professionisti rimasti senza incassi.
Anche secondo i dati Censis, comunque, ad aver pagare il conto salato della crisi economica da pandemia sarebbero, infine, i giovani e le donne.
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Povertà in Italia: quello che ci aspetta
È chiaro, insomma, che il Covid-19 ha fatto sì che il nostro paese stia entrando in una nuova fase di povertà. Il reddito di cittadinanza e il reddito di emergenza, introdotti dal governo italiano per sostenere le famiglie, sono misure utili ma comunque frammentarie, in quanto hanno favorito chi già era inserito nel sistema di welfare statale e sfavorito quelli esterni ad esso. La Caritas, a tal proposito, nel suo rapporto annuale ha evidenziato possibili ipotesi sulle forme di povertà che ci aspetta nei prossimi mesi.
Stando alle previsioni delineate sulla base dei dati attuali, gli esclusi dal reddito di cittadinanza vedranno peggiorare la loro situazione in un contesto in cui le possibilità di riprese economica hanno prospettive lunghe. Ancora più a rischio poi i lavoratori autonomi che in caso di perdita di lavoro non potranno beneficiare di un regime di tutela stabile in loro favore. I nuovi poveri saranno, infine, anche i minori o comunque le categoria di giovani che vedono un futuro sempre più incerto sia dal punto di vista della formazione che dell’inserimento lavorativo.
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